La Storia
A praticare l’elemento culturale sono esclusivamente uomini di età compresa tra i 5 anni dei piccoli Pulcinella e i 90 anni dei decani del gruppo. Sono tutti nativi di Mercogliano e si tramandano da oltre un secolo oralmente di generazione in generazione le conoscenze di questa tradizione. Alle donne è affidato l’incarico di preparare e cucire rigorosamente a mano i vestiti e gli accessori, nonché di provvedere al trucco prima della sfilata.
La Zeza è una farsa tragicomica e si rifa’ alla “Commedia dell’Arte” ma affonda le sue radici in riti molto più antichi che si rifanno ai riti di rinnovamento e propiziazione che si ottenevano attraverso pratiche magico-rituali, prima eliminando tutto il male accumulatosi durante l’anno passato e poi propiziandosi un buon andamento del nuovo anno. Sia i riti di rinnovamento che quelli propiziatori diedero origine a forme drammatizzate. La Canzone di Zeza va collocata tra quelle forme drammatizzate che ebbero origine dai riti di propiziazione e più specificatamente tra quelle che si riconnettono ai riti di fecondità. Il primo a darcene notizia fu Croce che ne attribuì l’origine al sec. XVIII (durante l’occupazione del regno di Napoli da parte dei re di Spagna), anche se il De Simone la farebbe risalire al 1500, allorché era in voga la Villanella napoletana con la quale la Canzone di Zeza avrebbe affinità di struttura metrica e melodica. Non possiamo però sapere attraverso quale graduale processo di inserimento l’opera sia penetrata nel tessuto culturale e sociale in cui agisce tuttora. Nel 1700 la Zeza, opportunamente purgata, entra negli atteggiamenti borghesi e nei salotti napoletani. Parecchi scrittori dell’800 poi la datano alle “atellane”. La Zeza è un pezzo di teatro popolare campano, riuscito ed apprezzato, una sorta di “Promessi Sposi” volgare, una rappresentazione che preesiste nella cultura contadina e urbana della regione. Nella seconda metà del XIX secolo, a seguito dell’emanazione di divieti ufficiali che ne proibivano la rappresentazione per le strade “per le mordaci allusioni e per i detti troppo licenziosi ed osceni”, la “Zeza” fu accolta, esclusivamente nel periodo di Carnevale, nei teatri frequentati soprattutto dalla plebe, dove il pubblico notoriamente interloquiva con gli attori nel corso della rappresentazione "con sfrenatezze di gergo e di gesti”. A causa di questi impedimenti la “Zeza” si diffuse quindi nelle campagne adiacenti e, con caratteri sempre più diversificati, nelle altre regioni del Reame di Napoli. Nei primi anni del ‘900 gli attori si esibivano specialmente nelle grandi “Masserie” e dopo ogni esecuzione veniva bandita una grande tavola con formaggi, salame, pane, frutta secca e vino. Solo dopo la seconda guerra mondiale fu introdotto l’uso della questua in denaro per sopperire alle spese di allestimento sempre più care. Nell’anno 1968 a Mercogliano le “Zeze” furono addirittura due: quella di Capocastello (il centro storico e la zona alta della città) e quella del Casale. Claudio Rubino nel ripercorrere le origini del testo della canzone di Zeza, traccia la mappa di una simbologia arcaica filtrata nell’Opera Buffa con i suoi sensi allusivi e i suoi mascheramenti. La rappresentazione della Canzone di Zeza aveva prima un’area di diffusione assai vasta che oltre a comprendere tutta la Campania si spingeva anche nelle zone periferiche. Oggi l’area di diffusione è più ristretta all’hinterland avellinese per ovvi motivi di disgregazione della cultura popolare a trasmissione orale.
Nel 1971 la “Zeza” di Mercogliano fu conosciuta a livello internazionale grazie a Pier Paolo Pasolini che la inserì come colonna sonora del suo film “Decameron”, Orso d’argento al XXI Festival di Berlino del 1971. “Zeza” da sostantivo successivamente è diventato aggettivo e poi aggettivo sostantivato per indicare una donna che aveva le medesime caratteristiche di questo personaggio.
Dal punto di vista storico, quindi, la pratica della Zeza di Mercogliano risale agli anni successivi al decreto regio della metà del secolo XIX quando la Zeza si sposta nell’entroterra campano. Le prime notizie storiche tramandate a noi oralmente risalgono ai primi del ‘900 a Mercogliano, allorché la Zeza veniva cantata dai pellegrini provenienti dal napoletano, ma già in quest’epoca era una tradizione ben consolidata nel nostro territorio.
Le modalità di trasmissione della Zeza di Mercogliano sono prettamente orali, il passaggio avviene sia all’interno dei gruppi familiari sia all’interno di tutta la comunità. Per quanto riguarda la canzone di Zeza sin da bambini la si ascolta nel periodo carnevalesco in tutte le contrade della Città, inoltre viene cantata in occasione di ritrovi familiari o festeggiamenti parentali. L’Associazione cerca ogni anno nuovi attori tra i partecipanti da formare e a cui poter tramandare tale tradizione. Non tutti i partecipanti hanno le caratteristiche giuste per poter interpretare la Canzone di Zeza, per cui ad ognuno viene assegnato il ruolo più vicino alle proprie attitudini. Tra le competenze richieste per esibirsi bisogna avere: memorizzazione, intonazione, giusta vocalità, presenza scenica, capacità di coinvolgere il pubblico, buone doti di ironia ed allusione. Nel periodo che va ad ottobre a febbraio iniziano le prove per la manifestazione carnevalesca che prevedono esercitazioni legate alla recitazione, al canto e al ballo. L’Associazione organizza, inoltre, incontri divulgativi presso le scuole elementari e medie del territorio al fine di promuovere la conoscenza di questa antica tradizione tre le nuove generazioni, e riuscendo in alcuni casi anche a scoprire nuovi talenti. Ogni anno vengono realizzati convegni sul tema sia dall’Associazione che in collaborazione con altre Associazioni ed enti locali. Le collaborazioni anche in ambito universitario (Università Federico II di Napoli e Università degli Studi di Salerno) hanno permesso di sistematizzare la tradizione della Zeza, oggetto di studio da parte di diversi laureandi in materie sociologiche ed antropologiche e creando così dei testi di approfondimento sul tema.